Respirare Stanca
Pensare e girare un film da solo e con attori a distanza
Intervista al regista Enrico Acciani
Enrico Acciani, regista classe 1994, vive a Roma da anni e lavora nel reparto regia di numerosi set cinematografici. Nel marzo 2020 prende il treno e arriva a Bari con solo due magliette e un pantalone pensando di rimanere pochi giorni. “La mia lavatrice ha lavorato davvero tanto in quei mesi”, afferma sorridendo.
Solo, bloccato in casa come tutti noi. Fuori dalla porta una situazione distopica, surreale, una epidemia degna di un film.
“Quelli che fanno questa vita, abbastanza frenetica, non riescono a fermarsi. Dopo dieci giorni in casa sento l’esigenza di un passatempo, di qualcosa. Allora ho iniziato a scrivere la sceneggiatura, quasi per gioco, sulla prima stesura l’ho chiamato ‘Amore ai tempi del Coronavirus’.
Che originalità.
Lo mando in Apulia Film Commission e il 2 aprile arriva la risposta: mi concedono il patrocinio oneroso.
Ho detto Ca**o! Qua non non si scherza più, lo devo girare davvero sto film”.
Senza troupe, pochi mezzi, attori a distanza.
Enrico inizia a organizzare l’attrezzatura e si rende conto di aver prestato le sue luci ad un amico, Anthony, troppo lontano per poterlo raggiungere con il Lock Down. Prova ad acquistare delle luci su Amazon e si rende conto che alcune spedizioni partivano dalla Cina e facevano scalo a Bergamo… decide di farsi spedire l’attrezzatura da Anthony tramite corriere: “Sono stato molto attento a tutte le indicazioni che ci davano ogni giorno in televisione. Disinfettavo tutto. Avevo due taniche di alcool apposta per questo”.
Poi si rende conto che la sua camera Blackmagic Pocket è vecchia e la batteria è troppo instabile per poter reggere durante le riprese. Decide di utilizzare una Lumix GH4, macchina fotografica adatta alla realizzazione di prodotti audiovisivi, con abbastanza accessori per renderla operativa. Ma si rende conto di non avere le ottiche giuste: “È stata l’unica volta che ho fatto uno strappo alla regola: un mio amico ha un obiettivo della Canon anni 70 che ha una bellissima pasta, e che abita a 6 isolati. Mi hanno anche fermato e io ho risposto che sono vegano che dovevo per forza andare fino all’altro supermercato per riuscire a mangiare cibo giusto per me… per fortuna mi hanno lasciato andare. Il mio amico ha messo l’obiettivo in ascensore e sono scappato a casa”.
Enrico Acciani non vuole realizzare un documentario, è un film. La storia è finta, scritta di sana pianta, ma condita con la verità che ci avvolgeva in quel periodo: “Nei film distopici come Cloverfield, tutto viene ricostruito e scenografato. Io volevo che le immagini della città fossero vere. Dal balcone ho cercato di raccontare quella desolazione che si viveva: strade vuote, balconi vuoti, semafori spenti, le macchine della polizia al centro della strada. Un’ immagine bellissima che ricordo erano due persone sul tetto, che pattinavano. A fine riprese del film, dopo il Lockdown, sono andato a chiedere loro la liberatoria per l’utilizzo delle immagini: mi hanno chiuso due volte in faccia il citofono e mi hanno minacciato di denuncia, prima di ascoltarmi. Mi hanno preso per un pazzo! Per fortuna, alla fine mi hanno fatto parlare, mi hanno rilasciato la liberatoria”.
Completamente diverso è stato l’approccio con gli attori: Enrico gli chiede di recitare durante lunghe videocall, cercando di ottenere il meglio. “È stato complesso seguire gli attori a distanza e ancor di più difficile è stato riprodurre i controcampi con me come attore: giravo prima tutte le scene con loro e poi tutti i controcampi su di me. Questo ovviamente mi ha dato non pochi problemi di fotografia e di gestione di me stesso”.
Di giorno gira delle scene e di notte fa gli scarichi del materiale su computer. Si riguarda le scene degli altri al volo e capisce come girare le sue: “A un certo punto usavo una luce rotta come stand-in, che ho chiamato Giovanni. Quando ho iniziato a riversare su di lui degli insulti, ho capito che stavo iniziando a esagerare con lo stress”.
Per fortuna le riprese finiscono il 3 maggio 2020, il 4 finisce il primo lockdown.
Si può respirare un pochino.
Enrico comincia pochi giorno dopo il montaggio, e si rende conto delle varie difficoltà incontrate. “Col senno di poi, se mi dicessero di fare un film da solo, in casa, direi assolutamente di no. Cioè ci penserei. Per la prossima pandemia non girerò nulla! Ad oggi, con l’esperienza, alcune cose le avrei volute fare diversamente: normalmente preferisco la macchina a spalla ed il film per motivi ovvi è tutto su cavalletto. Ci sono solo due movimenti di camera dove ho chiesto un piccolo aiuto a mia madre che ho ringraziato nei titoli di coda, ma per il resto ero sempre solo a girare le scene.
Alcune volte è addirittura lievemente fuori fuoco. Grazie all’aiuto in color correction di Donato Casale di Octopost siamo riusciti a dare un’idea di fotografia, e lui è riuscito anche a fare delle magie nei fuori fuoco.
Sull’audio poi non ne parliamo: ogni giorno facevo gli scarichi, ma non avevo il tempo effettivo di riordinare come si deve il tutto… e una grande mano me l’ha data Alex Grasso nella sonorizzazione.
Poi tutto il film si regge sulla colonna sonora creata dal mio amico bravissimo Stefano De Vivo”.
A settembre 2020 il film è pronto, viene distribuito su Amazon Prime Video.
Enrico Acciani conclude: “Respirare Stanca nasce dall’esigenza di voler raccontare un periodo storico. Volevo fare un film che raccontasse una fase della nostra vita, con immagini vere, di quei giorni”.