Fare film da “Lupi”
Approfondimento con Intervallo Film
di Veronica Condello
In un contesto italiano in cui l’industria cinematografica dipende frequentemente dai finanziamenti pubblici e la concessione di un finanziamento rappresenta l’opportunità di concretizzare un unico progetto audiovisivo, Intervallo Film ha sviluppato un approccio innovativo per finanziare simultaneamente diversi progetti utilizzando le risorse originariamente destinate a uno solo. Questo risultato è stato reso possibile grazie all’adozione dell’approccio del cinema del reale come fondamentale metodologia ed esperienza cinematografica.
Il team di Intervallo Film da sinistra a destra: Saverio Cappiello, Marco Gernone, Nicolò Accettura
Abbiamo incontrato i fondatori, Marco Gernone, Saverio Cappiello e Nicolò Accettura, che ci hanno illustrato la metodologia che propongono per fare cinema, da come nase l’idea e i motivi che l’hanno spinta a usarla.
Tutto nasce nel 2017 con “Le Finestre Buie”, una residenza artistica all’interno dell’Accademia del Cinema Ragazzi di Bari, che ha proposto un vero e proprio percorso didattico e formativo cinematografico per le persone che vi hanno partecipato. La particolarità di questa residenza era l’approccio adottato, basato sul cinema del reale come metodo e non solo come genere. L’obiettivo era insegnare a riprendere la realtà, utilizzando attrezzature basiche e tecniche di ripresa agili. Questo approccio richiedeva l’esplorazione del quartiere e, soprattutto, il contatto diretto con le persone del luogo per identificare personaggi autentici e raccontarne le storie senza stravolgimenti. I risultati di questa esperienza non si sono fatti attendere: il cortometraggio di Saverio Cappiello “Mia Sorella” ottiene una nomination ai David di Donatello.
Il metodo del cinema del reale funzionava, ed è proprio questo che ha ispirato l’apertura della cooperativa sociale Intervallo Film, una piccola casa di produzione dedicata a progetti audiovisivi basati su questo approccio.
«Il desiderio di riproporre questa metodologia nasce dalla volontà di offrire ai registi l’opportunità di lavorare con grande autonomia, consentendo loro di intraprendere percorsi individuali sia dal punto di vista creativo che operativo», afferma Marco Gernone.
L’obiettivo dichiarato è di colmare il divario esistente in Italia tra i giovani usciti dalle scuole di cinema e la produzione cinematografica effettiva.
foto di backstage del cortometraggio “Faccia di cuscino”
La residenza artistica Lupi rappresenta un passo fondamentale in questo percorso: nel 2022 è stata lanciata la call sui social network, la selezione dei tre autori era basata sui prodotti audiovisivi che avevano già creato, per capire la loro impronta registica: «Anche se acerbi o in divenire, – ci spiega Cappiello – cercavamo persone con una identità autoriale già costruita, al fine semplicemente di accrescerla». Inoltre la residenza permette ai registi di lavorare in totale autonomia, avendo comunque il supporto della squadra, da questo concetto la scelta del nome Lupi: «Il nome è stato scelto per sottolineare l’aspetto individuale del lavoro, con il supporto collettivo in ambiti essenziali, consentendo la realizzazione di idee con il minimo delle risorse e in tempi ben definiti», spiega Saverio Cappiello.
La prima residenza artistica Lupi ha avuto luogo a Faeto, un pittoresco paese di montagna soggetto dal fenomeno dello spopolamento e caratterizzato da una minoranza linguistica francoprovenzale. In soli sette giorni, i tre autori hanno scritto e diretto un progetto audiovisivo ciascuno, dando vita a storie nuove e autentiche partendo dal territorio. «La caratteristica che ci ha affascinato, oltre all’effetto della lingua francoprovenzale, – aggiunge Nicolò Accettura – è stata la vita di montagna e lo spopolamento incredibile a cui è soggetta l’area. Basti considerare che le scuole medie locali comprendono classi con studenti della prima, seconda e terza media insieme».
foto di backstage, Subappennino Dauno, Faeto (FG)
Prima dell’inizio effettivo della residenza, la Intervallo Film ha eseguito dei sopralluoghi per guidare successivamente i partecipanti attraverso luoghi e personaggi rilevanti in quel contesto, così facendo gli stessi partecipanti hanno avuto modo di esplorare al meglio il territorio: «Nel momento in cui fanno questa esplorazione scelgono e selezionano loro cosa vogliono raccontare, sembra quasi che ci sia una sessione di scrittura con le persone, anche se non è così», dice Cappiello.
Il cinema del reale funziona se l’approccio rimane etico: «L’inizio del processo coinvolge l’interazione con la gente del luogo – prosegue Cappiello – la scintilla dovrebbe arrivare da lì, trovare una persona che possa essere anche un personaggio per te, rispettando quello che rappresenta senza alterare la sua essenza. Si tratta di mantenere fede alla realtà di coloro con cui si entra in contatto, evitando di trattarli come attori, ma piuttosto di tenerli nelle vesti di quello che sono realmente. Noi usiamo il termine autonarrazione: sono proprio le persone coinvolte che ci aiutano a comprendere quali sono i temi e gli sviluppi narrativi da trattare indicati per loro».
Il cinema del reale richiede una fiducia reciproca tra chi realizza il progetto e i personaggi selezionati per la rappresentazione.
Faeto (FG), un frame tratto da uno dei cortometraggi di residenza Lupi
La residenza ha previsto che i primi giorni, dopo la fase di esplorazione, fossero dedicati alla scrittura e allo studio dei soggetti. Sono stati incoraggiati momenti di comunità e comunicazione come le colazioni e le partite al biliardino «Era chiaramente lo sport del paesino, erano tutti fortissimi», aggiunge ridendo Cappiello e continua: «Dopo quei momenti, ci siamo riuniti un giorno con gli autori, nella casa dove tutti risiedevamo, sono state date le direzioni per le storie e abbiamo iniziato a girare».
Durante le riprese, sono stati utilizzati setup leggeri: il team ha seguito ciascuno un regista, non più solo come tutor ma come parte attiva nelle piccole troupe così create. «Nelle condizioni di difficoltà – spiega Marco Gernone – bisogna cercare di utilizzare l’attrezzatura in modo creativo: il giorno prima di partire c’è stato un impedimento con le strumentazioni che avevamo richiesto per le riprese… non sono arrivate! Ci siamo arrangiati con quelle che avevamo: due Blackmagic, fonia e materiale sparso che era sufficiente per due setup, mentre il terzo aveva la sua camera ed era più autonomo, per fortuna. Abbiamo seguito i ragazzi, facevamo tutti da fonici o comunque qualsiasi cosa per avere la resa migliore».
La libertà concessa ai partecipanti è stata influenzata dalla consapevolezza che i registi possono avere approcci diversi nelle varie fasi di produzione, alcuni necessitano di più tempo per la scrittura, altri preferiscono gestire personalmente la telecamera raccontando la storia man mano, «Tra i partecipanti di Lupi, Michele Sammarco è un regista che scrive girando – aggiunge Saverio Cappiello – è stato quasi tutto il tempo con la camera in mano. Anche Andrea ha avuto un po ‘questo approccio, mentre Giulia si è presa del tempo in più per scrivere, girando successivamente solo le scene di cui aveva bisogno». «I registi si confrontavano e si sostenevano tantissimo tra loro, siamo contenti di vedere che hanno fidelizzato una bella amicizia anche al di fuori della residenza, è un’esperienza di vita assolutamente incredibile», aggiunge Marco Gernone.
foto di backstage durante i sopralluoghi nel Subappennino Dauno (FG)
L’approccio di produzione dal basso, è fondamentale per Intervallo Film, non solo per la sua efficacia, ma soprattutto perché consente agli autori di creare opere cinematografiche con un budget minimo. Il processo inizia con le idee, la curiosità nell’esplorare le vite delle persone e raccontarle nel loro contesto, preservandone l’autenticità senza stravolgerla.
La residenza Lupi è stata molto ricca non solo dal punto di vista cinematografico ma anche umano, e di esperienza immersiva in un luogo con un approccio alla vita molto lontano da chi vive in città, Accettura ci racconta un aneddoto divertente: «Stavamo facendo delle riprese totali sul Monte Cornacchia, io mi allontano per andare a prendere del cibo. Mi fermo un attimo e vedo una scena bellissima: il tramonto, un pastore che arriva dalla collina con il suo gregge, sta tornando a casa e la moglie lo aspetta. Nella piccola cascina si aprono i cancelli e cinque maremmani, grossi e incazzati, non vanno a fare le feste al padrone che tornava a casa, ma puntano proprio me, dritti con dei denti grossi. Hanno iniziato a girarmi intorno, poi il pastore è venuto a salvarmi dicendo che avevo rischiato grosso, e stavo per essere fatto a polpette».
Finita la residenza, i tre film sono stati montati direttamente dai registi, con la supervisione a distanza di Intervallo Film che ne curerà la distribuzione nei festival.
Al momento il cortometraggio “Le Fenne” di Giulia Di Maggio, ha vinto il premio della giuria al Torino Film Festival 2023 ed è stato in concorso allo ZineBi Festival 2023.
«Abbiamo creduto nella possibilità di realizzare film anche senza finanziamenti, attraverso il cinema del reale, solo con la telecamera, le idee e rapporti fidelizzati con registi che confidano in noi e autori desiderosi di crescere con noi», conclude Saverio Cappiello.