Nel panorama dinamico e spesso imprevedibile del cinema indipendente italiano, emergono storie di passione e determinazione che meritano di essere raccontate. Una di queste è quella di Donatello Di Bari e della sua web series ‘Roar Epic’. Attraverso un’intervista esclusiva, l’attore ha condiviso con noi il percorso che ha portato alla creazione di questa opera e la sua visione sulla precarietà artistica.
‘Roar Epic’ è un progetto nato nel 2013 dalla mente di Donatello Di Bari e del suo amico Nicola Curzio. “La prima volta che ho cominciato a parlare di Roar Epic è stato nel 2013”, racconta Donatello, “con questo mio caro amico che purtroppo ora non c’è più, perché è venuto a mancare nel 2022”. È in quel periodo, appena laureati, che i due amici iniziano a scrivere quella che sarebbe diventata una serie rappresentativa della loro condizione di precariato. “Volevamo parlare del precariato perché ieri come oggi è un problema molto presente in Italia, all’epoca eravamo appena stati sputati fuori dall’università e non sapevamo che ca**o fare”.
L’idea del titolo “Roar Epic” nacque quasi per caso, come spiega Donatello: “Stavo cercando un po’ su internet l’anagramma della parola precario e scomponendola ciò che ne uscì furono Roar ed Epic. Roar significa ruggito, Epic è epico, ruggito epico, ci piacque subito”.
La prima stesura della web series era molto diversa da quella che il pubblico avrebbe poi visto: era un’opera slapstick in bianco e nero, con poche battute, e che richiamava lo stile di Charlie Chaplin.
Un elemento cruciale per la realizzazione della web series è stato l’incontro con Vincenzo Ardito. Durante la partecipazione al Premio Solinas, Donatello e Nicola si resero conto che per poter competere necessitavano di una produzione ufficiale. Fu allora che Donatello contattò un amico con cui aveva frequentato un corso di recitazione anni prima, Vincenzo Ardito, che aveva fondato la ‘Sinapsi Produzioni Partecipate’. Ardito accettò con entusiasmo di unirsi al progetto come produttore e regista. “Vincenzo l’aveva letto, si era incuriosito, affascinato e anche lui si era innamorato del progetto”, ricorda Donatello. Grazie a Vincenzo, Roar Epic trovò una strada verso la realizzazione concreta, superando l’ostacolo iniziale della mancanza di una struttura produttiva.
Con questa prima versione parteciparono al premio Solinas nel 2013.
una scena della web series Roar Epic
Con il passare degli anni, Roar Epic ha subito diverse trasformazioni. Attualmente, la serie è disponibile su YouTube e ha una pagina Facebook dedicata che raccoglie tutti i link agli episodi. Dieci anni dopo la sua concezione, Donatello riflette sulla condizione della precarietà artistica: “Come tutti gli artisti sì, lo sono ancora, e quindi volevo una riflessione sulla condizione della precarietà artistica… La precarietà non è cambiata, il lavoro è sempre di due giorni sì e tutto il resto dell’anno no; quei due giorni me li godo al massimo quando ho la fortuna di viverli su un set o su un piccolo palchetto, e in generale qualsiasi cosa mi permetta di stare davanti ad un pubblico”.
Di Bari sottolinea l’importanza della perseveranza e della resistenza in questo mestiere: “Ora che ho capito quello che voglio fare, nonostante le difficoltà, sto continuando e vado avanti, so che devo farmi spazio a gomitate.” Per Donatello ogni giorno è un’opportunità di crescita e preparazione. La sua vita quotidiana è caratterizzata da una doppia esistenza, come quella di Batman, dove oltre a recitare deve spesso lavorare come barista o cameriere per sostenersi: “Non riesco ancora completamente a vivere da attore, ho una doppia vita. Devo ogni tanto shakerare dei cocktail o portare delle pizze ai tavoli per sostenermi”, spiega. Tuttavia, dal 2019 ha trovato un’alternativa al lavoro nei locali: “Dal 2019 faccio il personal assistant (PA). La prima volta l’ho fatto qui a Bari per un film chiamato State of Consciousness con Emile Hirsch”.
La sua routine quotidiana è molto strutturata e disciplinata. Si sveglia presto, recita due monologhi in inglese – uno di Brad Pitt da ‘Inglourious Basterds’, e l’altro di Leonardo DiCaprio da ‘The Wolf of Wall Street’ – “In più studio dizione ogni mattina, faccio degli esercizi davanti allo specchio, medito e mi aiuta molto, sono buddista, sempre dal 2019”. La pratica buddista gli offre un momento di riflessione e autoconvincimento: “Recito questa frase – Nam myoho renge kyo – che significa tante cose, e che per me significa ‘io prendo in mano la mia vita’”.
La determinazione di Donatello è palpabile e il suo sogno è chiaro: “Io voglio fare l’attore, io farò questo. Vivo una frustrazione: il tempo, che non è deciso da me, ma un risultato sicuramente arriverà. In questo lavoro, la perseveranza premia sempre”. La precarietà non è un ostacolo insormontabile, ma una fase di crescita e di preparazione per l’attore che mantiene la sua pazienza e la sua resilienza.
Il percorso di Donatello Di Bari con Roar Epic non è solo una testimonianza del suo talento e della sua costanza, ma anche un messaggio di speranza e ispirazione per altri artisti che affrontano le stesse difficoltà. Concludendo la nostra intervista, Donatello ci lascia con una riflessione: “La cosa più bella che mi piacerebbe fare è proprio trasmettere lo spirito di resilienza, di non mollare mai attraverso quest’arte. Voglio riuscire a incoraggiare milioni di persone a seguire i loro sogni, perché la felicità, se non è condivisa, poi non è veramente felicità”.