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Nulla di Sbagliato: Il Cinema nelle Mani degli Adolescenti

Dal laboratorio educativo al film

Approfondimento con Davide Barletti
di Redazione

Durante un laboratorio sui videogiochi interattivi, che si svolgeva in diverse località italiane, arriva improvvisamente la pandemia. Davide Barletti, regista, sceneggiatore e direttore della fotografia, nonché fondatore dei ‘Fluid Video Crew‘, storico collettivo di registi, insieme a Gabriele Gianni, ha ideato questo progetto/laboratorio. Originariamente concepito per coinvolgere 300 ragazzi in sei città italiane – Milano, Ancona, Bari, Città di Castello, Rovellasca e Palermo – il laboratorio era supportato da CineMovel Foundation e CIAI (Centro Italiano Aiuto all’Infanzia), enti dedicati a portare il cinema in contesti sociali difficili.

Davide Barletti
Davide Barletti

L’idea originaria del progetto prevedeva attività in presenza, ma la pandemia ha costretto Barletti e Gianni a ripensare completamente l’approccio. “Dovevamo portare avanti un laboratorio con trecento ragazzi in tutta Italia”, spiega Barletti, “ma con il lockdown ci siamo trovati di fronte a un bivio: interrompere tutto o inventarci un nuovo modo per continuare”. La scelta è caduta su una soluzione innovativa: lavorare a distanza con diari cartacei e telecamere remotate.

La chiusura delle scuole e il conseguente isolamento hanno portato alla creazione di quattro diari tematici: il diario del tempo passato, del tempo presente, del tempo futuro e del sogno. Questi diari, progettati con l’aiuto di pedagogisti, sono stati inviati ai ragazzi, chiedendo loro di riflettere e scrivere sui vari aspetti della loro vita. “Il concetto di tempo durante il lockdown era sospeso”, continua Barletti, “e volevamo che i ragazzi esplorassero questo stato attraverso i diari”.

Parallelamente ai diari, è stata utilizzata una tecnologia di telecamere remotate: le telecamere sono state montate nelle scuole durante i periodi in cui era possibile accedervi, e gli incontri con i ragazzi avvenivano tramite collegamenti a distanza. Questo metodo ha permesso di mantenere un contatto diretto, seppur virtuale, e di continuare il processo creativo (tutte le interviste e le esperienze sono state raccolte e sono visionabili sulla piattaforma www.idiarideltempo.eu).

una scena del film

Il punto di svolta del progetto è stato l’utilizzo delle telecamere Dji Osmo Pocket. “Abbiamo deciso di spedire queste piccole telecamere a dodici ragazzi”, racconta Barletti. “Non volevamo insegnare loro la grammatica del cinema, ma esplorare la loro grammatica personale”. I ragazzi, privi di formazione cinematografica tradizionale, hanno utilizzato le telecamere come prolungamento dei loro diari cartacei, creando dei veri e propri diari audiovisivi.

La scelta delle videocamere Dji Osmo Pocket non è stata casuale. Questi piccoli dispositivi, facili da usare e con una buona qualità video, si sono rivelati perfetti per permettere ai ragazzi di esprimersi liberamente senza le complicazioni tecniche che una strumentazione più complessa avrebbe comportato.

La fase di ripresa è stata gestita con grande libertà. Ai ragazzi è stato chiesto di utilizzare le telecamere come strumenti per documentare la loro quotidianità, i loro pensieri e le loro emozioni. In questo modo, la telecamera è diventata una sorta di ‘amico immaginario’, un confidente a cui raccontare le proprie giornate, i sogni, le paure e le speranze.

Barletti e Gianni non hanno avuto accesso immediato al materiale girato, ma ne parlavano insieme ai ragazzi durante delle videochiamate. Questo ha permesso ai ragazzi di sentirsi liberi da qualsiasi giudizio o pressione esterna durante le riprese. “Abbiamo scoperto un mondo”, dice Barletti, “all’inizio ci spaventava la mancanza di tecnica, ma poi abbiamo capito che quella sgrammaticatura era la chiave per raccontare il loro mondo in modo autentico”.

Nulla di sbagliato, spiderman nello specchio
una scena del film

Al termine delle riprese, restituite le videocamere, Barletti e Gianni hanno avviato la revisione del materiale raccolto.
Barletti ha descritto con entusiasmo il momento in cui hanno iniziato a esaminare le riprese realizzate dai ragazzi. Inizialmente, il caos delle immagini sembrava insormontabile: inquadrature storte, movimenti bruschi e scene apparentemente inutilizzabili. Tuttavia, è proprio da questa confusione che ha preso forma la bellezza del progetto. Le imperfezioni si sono trasformate nella forza del film, permettendo di esplorare in modo diretto e potente il mondo interiore dei giovani protagonisti.

La fase di montaggio, curata da Mattia Soranzo, è stata cruciale per dare forma al film. “Abbiamo dovuto lavorare con un approccio completamente diverso”, spiega Barletti. “Il film non doveva essere centrato sugli adulti, ma doveva rispecchiare il punto di vista degli adolescenti”Soranzo ha saputo valorizzare le piccole storie e i frammenti di vita quotidiana, creando un mosaico di esperienze che, pur nella loro semplicità, riescono a raccontare una realtà complessa e sfaccettata. Le immagini del ragazzo che prende a pugni un cuscino per la frustrazione, o della ragazza che scopre la morte del suo pesce rosso, sono solo alcuni esempi di come il film riesca a toccare corde profonde dell’animo umano.

Una scena del film

Barletti precisa che il titolo stesso del film, ‘Nulla di Sbagliato’, deriva da una frase detta da uno dei ragazzi: “Oggi vado a scuola, spero di non fare nulla di sbagliato”. Questo riflette la tensione e le aspettative che i giovani sentono nella loro quotidianità. Il progetto ha permesso ai ragazzi di esprimersi liberamente, senza paura di giudizi o errori, mostrando una realtà spesso nascosta agli occhi degli adulti.

Diventare registi di se stessi, anche solo per un breve periodo, ha implicato fare delle scelte: decidere dove posizionare la videocamera, quando iniziare e quando fermare la registrazione. Questa capacità di scelta, di discernere il momento giusto per catturare un’immagine, è un insegnamento prezioso che Barletti cerca di trasmettere ancora oggi nei suoi laboratori con gli adolescenti.

Una scena del film

La consapevolezza di sé acquisita attraverso questo processo va oltre la semplice tecnica cinematografica. Riconoscere quando un’inquadratura diventa ‘viva’ o quando ‘muore’ è una metafora potente della capacità di autoanalisi e riflessione che i ragazzi hanno sviluppato. Questa esperienza ha insegnato loro a riconoscere e valorizzare i momenti significativi della loro vita, a fare scelte consapevoli e a esprimere la propria individualità in modo autentico.